Massimo Bisotti

In certi momenti ti mancherà così tanto da sentire un buco nello stomaco, profondo come un silenzio incolmabile, in altri ti riempirai di parole consolatorie e ti dirai: è meglio così. In certi momenti ne parlerai, seduto su una panchina, immobile, in altre cercherai di fuggire lontano sperando di dimenticare il suo nome. In certi momenti sarai solo più fragile, in altri forte e pieno di impegni per stemperare i pensieri. Siamo anime in altalena su un terreno di ricordi. Una mattina ti sveglierai con una pozzanghera sotto ai piedi, le mani sulle corde, il tepore del domani. e fra il pensarci per ricordare e il non pensarci per dimenticare, preferirai scendere.

Una primavera con la corona

Il sole inizia ad affacciarsi sui tetti delle case: bussa ai vetri delle finestre rivolte nella sua direzione. Una miriade di arancioni vengono stagliati in ogni angolo visibile, predominano sugli altri, mentre lottano con i celesti che a breve vinceranno la guerra. Qualche nuvola sparsa qua e là ha il compito di filtrarne le sfumature dando volume ai colori, regalandogli forma e consistenza riconoscibile, rendendoli vivi come se si potessero toccare con mano. Inizia a sbocciare il tepore rassicurante della primavera, mentre l’inverno sembra sia andato definitivamente in soffitta, decidendo autonomamente di rinchiudersi nel baule: sarà la sua casa per il prossimo semestre. È il periodo dell’anno in cui tutto riprende vita. Così come gli atleti si preparano davanti ai blocchi di partenza in attesa dello sparo d’inizio, così la natura esplode soffiando nei polmoni delle sue creature. Dagli alberi ai fiori, dagli insetti agli animali, tutti svegli dopo il lungo riposo dovuto al freddo invernale che acquieta e cristallizza ogni essere. Anche gli uomini attendono con ansia, quasi trepidanti il momento di ripartire, sognano la primavera. È il momento dei nuovi propositi, “dei farò”, dei “mai più”. Una storia ripetuta ogni anno, sempre uguale, poco importa se le promesse fatte non mutano, importa solo rinnovarle o farne di nuove, perché la primavera è speranza, è progetto, è futuro. Noi umani abbiamo la necessità di avere degli obiettivi, ci rassicurano, ed usiamo questi momenti arbitrari ma rappresentativi per tutti, per archiviare ciò che può essere andato storto; un modo per allinearsi al ciclo periodico e rasserenante della natura.

Poco prima di questo avvio, ce ne stavamo stretti nelle coperte di lana sui divani all’interno delle nostre case. L’inverno, da vero burlone, gettava pezzi di primavera tra le giornate gelide di un noiosissimo febbraio; profumi conosciuti solleticavano il naso mentre la gioia di vivere degli insetti rompeva il silenzio dei nuvoloni grigi. Da lontano, come un’ouverture eseguita a sipario chiuso, abbiamo avvertito senza riconoscerle, le prime note di un’opera mai ascoltata. Sono state note talmente flebili e sottotono da essere ignorate, troppo distanti per essere viste, troppo stonate per essere ascoltate con l’attenzione che avrebbero meritato. Il maestro J. M. Ravel, nel suo Bolero, fa iniziare due fiati e come una valanga aggiunge ad ogni ripetizione altri strumenti al tema, e allo stesso modo lo tsunami della novità ha travolto le nostre vite iniziando da piccoli buffetti, ma ha aggiunto pugni sempre più forti, tutti nello stomaco, al centro. Essendo una novità è stata mascherata con un nome regale, degna di un sovrano e di quello che lo identifica come tale: la corona; a questa novità è stato dato il nome di “coronavirus”. Chissà perché gli scienziati si divertono a dare nomi rassicuranti a qualcosa che può solo spargere paura, infondere incertezze o togliere la vita. Bah. Ciò che ci caratterizza è stato spazzato via. Prima della novità, c’era il piacere di concedere ad un estraneo totale fiducia, gratuitamente, perché c’è sempre tempo per perderla, mentre ora siamo stati costretti a diffidare di tutti. Cerchiamo nell’altro i segni del pericolo o di quello che può farci male. Analizziamo come detective chi è davanti a noi alla ricerca di indizi compromettenti. Chi abbiamo di fronte, rigorosamente ad almeno un metro, si è trasformato da persona da conoscere in persona pronta a colpirci, farci soffrire, perché trovare qualcuno su cui puntare il dito è rassicurante, ci toglie il peso dall’aver sbagliato. Ci è stato chiesto di allontanarci con i corpi per non ammalarli, ma lo abbiamo scambiato con allontaniamo, anche e soprattutto, i sentimenti. Perché è inevitabile, cercando di vivere dentro una campana di vetro, non possiamo intrecciare nuove emozioni o relazioni, né risolvere eventuali conflitti: saranno sommate alle preoccupazioni delle incertezze. Abbiamo dovuto indossare le mascherine per non aprire la porta al virus, quello con la corona, ma abbiamo chiuso la porta ai sorrisi. Un sorriso era un semplice gesto, ma aveva la forza di dire “Sono una persona buona e lo sei anche tu, ed incontrarti mi ha regalato un po’ di calore”. Ora, invece, sembriamo dei manichini, inespressivi a causa dello scudo sul viso e così pieni di timore da abbassare gli occhi nell’incrociarne altri, come se fossimo gli autori di chissà quale delitto. Siamo diventati tutti potenziali omicidi. Abbiamo perso la possibilità di riconoscere una risata o un pianto, un momento di rabbia da uno di paura; questo virus che di regale non ha nulla, ci ha rubato l’empatia. La provvista personale era già limitata, ma ora è stata azzerata del tutto. Questo maledetto essere invisibile ci ha tolto la possibilità di donare un abbraccio, per gli scienziati occupati a tenere in vita i corpi è quasi peggio del virus stesso. Ma un abbraccio è vita, è calore, è supporto, è amore, ed i corpi rimangono vivi perché possono nutrirsi anche di questo cibo che non deve essere ingerito, ma nutre a volte, più di un pasto abbondante. Ci è stato impedito di dare un bacio. Il gesto universale capace di rappresentare l’amore. Come lo spieghiamo adesso ai bambini, quando si faranno male, che non potremo curarli con la medicina più potente di tutti? E dopo tutto questo, e nonostante questo, un corpo può anche perdere la battaglia contro il virus e qui si compirà l’ultima tragedia: l’impossibilità di salutare per l’ultima volta quella persona. Cosa può esserci di più crudele? Come si può non farsi aggredire dal vuoto estremo del dolore dell’anima? Stiamo cercando a tutti i costi di tenere in vita i corpi, ma questo bastardo riesce a colpire anche chi non infetta, ammalando le anime dei rimasti sani costringendole a rango inferiore. Le stiamo trattando come abbiamo fatto con i bambini: con l’illusione di difenderli li abbiamo chiusi in casa, senza chiedergli se stessero soffrendo. Chissà se tutto questo è vivere.

Usato

Svuotato nel corpo,
privato dell’anima
si accascia al suolo
per divenire ciò
che non potrà mai essere.

Non diverrà terra,
non rimarrà uomo.

Non viaggerà tra i ricordi,
di chi,
dimenticandolo,
ha lasciato
che rimanesse
nessuno.

Alexandre Dumas – Figlio

Ah! Voi credete, continuò con l’insistenza di chi ha il diritto di dire: Ve lo avevo detto! Ah! Voi credete che basti amarsi e andare a vivere in campagna a condurre una vita pastorale e immateriale? No, amico mio, no. Accanto alla vita ideale c’è la vita materiale, e le più caste decisioni sono trattenute a terra da fili sottili, ma di ferro che non si spezza tanto facilmente.

La signora delle camelie

E non potete dirmi in che modo? No,, tu devi amarmi come io amo te e tutto andrà bene.

La signora delle camelie

MI ricordavo di questa lettura e io, che avrei voluto soffrire per quella donna, temevo che mi accogliesse troppo in fretta e che mi desse troppo presto un amore che avrei voluto pagare con una lunga attesa o un grande sacrificio. Noi uomini siamo fatti così, ed è un bene che l’immaginazione lasci la poesia ai sensi e che i desideri del corpo la concedano ai sogni dell’anima. Insomma, se mi fosse stato detto: avrà questa donna stasera e domani sarà ucciso, io avrei accettato. Mi fosse stato detto: pagate dieci luigi e ne sarete l’amante, avrei rifiutato e pianto, come un bambino che al proprio risveglio vede svanire il castello intravisto durante la notte.

La signora delle camelie

Frida Kahlo

Da quando mi sono innamorata di te, ogni cosa si è trasformata ed è talmente piena di bellezza. L’amore è come u profumo, come una corrente, come la pioggia. Sai, cielo mio, tu sei come la pioggia ed io, come la terra, ti ricevo e accolgo.

Tanto assurdo e fugace è il nostro passaggio per il mondo, che mi rasserena soltanto il sapere, che sono riuscita ad essere quanto di più somigliante a me stessa mi è stato concesso di essere.

Pablo Neruda

Morirei per un tuo solo sguardo, un tuo sospiro che profumi d’amore ed una carezza che riscaldi il mio cuore. Non assomigli più a nessuna da quando ti amo.

Per chi suona la campana

Ernest Hemingway

Non prendere mai alla leggera l’amore. La verità è che la maggior parte della gente non ha mai avuto la fortuna di amar qualcuno; che duri solo oggi e una parte di domani, o duri tutta una lunga vita è la cosa più importante che può capitare ad un essere umano. Ci saranno sempre persone che diranno che non esiste perché non possono averlo. ma io ti dico che è vero, che tu lo possiedi e che sei fortunato, anche se domani morrai.

Per chi suona la campana

Mi piace dormire. La mia vita ha la tendenza a cadere a pezzi quando sono sveglio, sai?

L’attimo fuggente

L’attimo fuggente (Dead Poets Society) è un film del 1989 diretto da Peter Weir e con protagonista Robin Williams.

Prof. John Keating: “Continuate a strappare, ragazzi. Questa è una battaglia, una guerra e le vittime sarebbero i vostri cuori e le vostre anime. Grazie mille, Dalton. Armate di accademici, che avanzano misurando la poesia, no, non lo permetteremo, basta con i J. Evans Prichard. E ora, miei adorati, imparerete di nuovo a pensare con la vostra testa, imparerete ad assaporare parole e linguaggio. Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo. Quello sguardo negli occhi di Pitts dice che la letteratura dell’Ottocento non c’entra con le facoltà di economia e di medicina, vero? Può darsi. E lei, Hopkins, è d’accordo con lui e pensa: “Eh sì, dovremmo semplicemente studiare il professor Prichard, imparare rima e metrica e preoccuparci di coltivare altre ambizioni”. Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi, avvicinatevi! Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino, noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria, sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita. Citando Walt Whitman: “O me o vita! Domande come queste mi perseguitano. Infiniti cortei di infedeli, città gremite di stolti, che v’è di nuovo in tutto questo? O me o vita! Risposta: Che tu sei qui, che la vita esiste e l’identità, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso”. “Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso”. Quale sarà il tuo verso?”

Prof. John Keating: Un uomo non è molto stanco è esausto, e non usate molto triste usate, su avanti Overstreet non dorma;
Overstreet: affranto?
Prof. John Keating: Esatto è affranto. Il linguaggio si è sviluppato con uno scopo e cioè di? forza Enderson, allora è un uomo o è un’ameba? Vediamo, Perry?
Perry: eh di comunicare?
Prof. John Keating: No, di rimorchiare le donne. Oggi parleremo di William Shakespeare. Lo so alcuni di voi preferirebbero sedersi sulla poltrona del dentista, ma noi parleremo di Shakespeare come di un tale che ha scritto cose molto interessanti. Voi avete visto Shakespeare recitato più o meno così: Oh Tito porta il tuo amico con te; ma chi l’ha visto fatto da Marlon Brando sa che Shakespeare può essere diverso: amici, romani, concittadini, prestatemi orecchio, e cercate di immaginarvi John Wayne che fa: Beh cos’è un coltello quello che vedo di fronte a me? Cane signore? Eh no oggi no, guardi che un cane fa bene ogni tanto sa? Uno può fare un pasto completo a base di cane. Si comincia con crudi-tè di dalmata, si continua con cocker flambè e per dessert un pechinese al pepe rosa. Come stuzzicadenti usare le code. Perché sono salito quassù? Chi indovina?
Perry: Per sentirsi alti?
Prof. John Keating: No. Grazie per aver partecipato. Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio, è proprio quando credete di sapere qualcosa, che dovete guardarla da un’altra prospettiva, anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovrete provare. Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l’autore, considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice: molti uomini hanno vita di quieta disperazione. Non vi rassegnate a questo! Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale. Guardatevi intorno! Ecco così bravo Crispy, così. Osate cambiare. Cercate nuove strade.

Sándor Márai

La passione non si piega alle leggi della ragione, non si cura minimamente di quello che riceverà in cambio, vuole esprimersi fino in fondo, imporre la sua volontà. Ogni vera passione è senza speranza, altrimenti non sarebbe una passione ma un semplice patto, un accordo ragionevole, uno scambio di banali interessi.

Le braci