Fiori

Cosa ne sanno loro?
Cosa ne sanno loro dell’isteria della gente?
Incapaci di vedere un nemico invisibile.
Cosa ne sanno loro dell’aria putrida?
Avvelenata dalla boria dell’essere umano.
Cosa ne sanno loro della pioggia?
Assente da così tanto tempo da non potersi nutrire.
Cosa ne sanno loro del sole?
Caldo nel momento sbagliato.
Loro non lo sanno.
Loro sono incuranti dell’orrore che li circonda.
Loro non lo sanno.
Loro non possono saperlo: sbocciano.

Alda Merini

Se cerchi un tesoro devi cercarlo
nei posti meno visibili,
non cercarlo nelle parole della gente,
troveresti solo vento.
Cercalo in fondo all’anima
di chi sa parlare con soli silenzi.

Dovrei chiedere scusa a me stessa per aver creduto sempre di non essere mai abbastanza.

Abbiamo fame di tenerezza, in un mondo dove tutto abbonda siamo poveri di questo sentimento che è come una carezza per il nostro cuore. Abbiamo bisogno di questi piccoli gesti che ci fanno stare bene… la tenerezza è un amore disinteressato e generoso, che non chiede nient’altro che essere compreso e apprezzato

A volte il silenzio dice quello che il tuo cuore non avrebbe mai il coraggio di dire.

Cerca di accettarti così come sei. Non cambiare per piacere agli altri. Chi ti ama accarezzerà le tue insicurezze. Chi vorrà starti accanto si accoccolerà alle pieghe della tua anima. Sii te stesso sempre. Fatti un dono vero resta come sei.

Io sono con te in ogni maledetto istante che ci vuole dividere e non ci riesce.

Amare è rischiare di essere rifiutati.
Vivere è rischiare di morire.
Sperare è rischiare di essere delusi.
Provare è rischiare di fallire.
Rischiare è una necessità.
Solo chi osa rischiare è veramente libero.

Pregiudizio

Non possiamo conoscere tutti, fortunatamente.
Durante il lungo cammino, purtroppo breve per alcuni sfortunati, percorso sul mucchio di terra calpestato ogni giorno, ci imbattiamo in persone nuove.
Sconosciuti fino a quel momento.
Molti continueranno ad esserlo.
Una piccola parte, al contrario, condividerà  con noi un pezzo di strada, qualche passo o un lungo tragitto.
Alcuni ci guarderanno da lontano.
Altri ci accompagneranno per mano.
Questi ultimi, forse, saranno persone scelte da noi.
Ma prima di scegliere, di condividere, saremo costretti a passare dal solito rituale.
Una stretta di mano, energica o fiacca. 
Un sorriso, il più delle volte finto e di circostanza.
Un avventato scambio di nomi, in cui le voci sovrapposte e quasi mai comprese fanno da sfondo ad uno sconosciuto, passato dalla parte opposta della barricata.
Ed è in quel momento, in quei pochi secondi che si forma dentro di noi un giudizio sommario.
In quel preciso istante cataloghiamo il nostro nuovo vicino. 
Gli appiccichiamo in fronte un adesivo con appuntato un aggettivo che lo descriverà  in quel modo, quasi per sempre.
Simpatico, antipatico, carino, viscido, interessante… e avanti così con tutti gli aggettivi possibili.
Raramente strapperemo quell’adesivo per sostituirlo con quello reale o meglio, quello più appropriato.
Non ci sono motivi precisi per farlo, lo facciamo e basta.
Ci affidiamo a questo strano senso.
Il sesto.
Confidiamo in lui e nella sua innata capacità  di non commettere errori.
Ci mette in allerta, così come ci dice sottovoce “non sembra pericoloso”.
C’è chi si fida ciecamente, chi cerca in tutti i modi di zittirlo, non considerarlo, ignorarlo, ma sarà  sempre lì a sussurrarci “te l’avevo detto”. 
Ha sempre ragione lui.
Ma l’errore è dietro l’angolo, anche per chi non sbaglia mai.
Anzi il tonfo sarà  più fragoroso, rumoroso, duro e farà  più male.
Perché quando l’adesivo è sfacciatamente sbagliato e la fiducia riposta nel sesto senso è marcata, la ricetta per la tempesta perfetta è servita.
Ti privi della possibilità  di farti influenzare da qualcuno per cui ne sarebbe valsa la pena.
Ti privi della possibilità  di imparare da quel qualcuno.
Ti privi della fortuna di crescere con chi è migliore di te.
Ma la batosta la prendi e la senti quando ormai quel qualcuno è di spalle e sta andando via per la sua, di strada.

Gentilezza

Un vecchio edificio dalla forma perfetta, fuori.
Il palcoscenico giusto per la rappresentazione quotidiana di ciò che avviene, dentro.
Sulla sinistra del grande salone centrale, gli ingressi delle innumerevoli stanze svelano la presenza di un consueto film ripetuto usualmente dalle persone del posto.
Un alveare di minuscoli ingressi dove la gente si stipa per i motivi più disparati.
Sono tutti uguali, quasi identici.
Stessa forma, stessa dimensione, stesso colore.
Nessun particolare mette in risalto uno a discapito dell’altro.
Chi ha disegnato quel posto lo ha fatto inserendoci un pizzico di ironia.
Se non conosci il posto ti ci devi perdere almeno una volta.
La parafrasi della vita di ognuno di noi.
L’eccezione la si scopre conservando la pazienza e avendo il coraggio di arrivare alla fine.
Ancora la parafrasi della vita di tutti i giorni.
L’ultimo ingresso, prima dell’uscita, fa da supporto ad un piccolo quadro con all’interno incastonata una frase.
Non un’opera d’arte, non un dipinto, non un basso rilievo, no.
Una frase.
Facile da ricordare.
Quasi banale leggendola con la dovuta superficialità .
“La gentilezza ci rende persone migliori”.
Ironicamente, la scoperta del secolo.
Chissà  perché qualcuno abbia sentito la necessità  di rimarcare qualcosa di così ovvio.
Chissà  perché proprio in quel luogo dove tutto sembra uguale.
Qualcosa che tutti noi facciamo e perseguiamo con fermezza, credendoci, ogni giorno.
Invece no, purtroppo non è così.
Quel qualcuno è stato saggio, ha cercato di ricordarci cosa dovremmo essere.
Persone gentili.
I gesti di tutti i giorni, invece, raccontano una storia diversa.
Ci basta così poco per strappare con violenza quel quadro, distruggendolo in milioni di minuscoli pezzetti.
Riusciamo a fatica ad esserlo con noi stessi, ma soprattutto con le persone vicine.
Tutti troppo preoccupati ad inseguire i propri egoismi.
Pronti a giustificare con i mezzi più disparati una parola di troppo, un tono fuori luogo, un rimprovero non dovuto.
Guardiamo con sospetto chi non conosciamo, e come tale, il più delle volte lo ignoriamo.
Un gesto gentile lo regaliamo come si regala un gioiello prezioso.
Per farlo risaltare, per raccontarlo e farlo raccontare.
Non perché lo sentiamo nostro.
Non siamo più abituati a vedere la gentilezza come un pregio da coltivare, annaffiare e far sbocciare ad ogni occasione.
Dovremmo cominciare a crederci e dimostrarlo per esserlo davvero.
Gentili.