Il miglio verde

Il miglio verde (The Green Mile) è un film del 1999 prodotto, scritto e diretto da Frank Darabont, con protagonisti Tom Hanks e Michael Clarke Duncan. Il film é tratto dal romanzo omonimo di Stephen King, pubblicato nel 1996.

John Coffey: Ciao capo
Paul Edgecombe: Ciao John, sai già  che ci stiamo avvicinando ormai, mancano un paio di giorni. Vorresti qualcosa di speciale per cena quella sera? Possiamo rimediarti più o meno di tutto.
John Coffey: Mi piacerebbe un arrosto e le patate al forno con la salsa, dell’ocra, magari anche un po’ di quella buona focaccia che fa tua moglie se non le dispiace.
Paul Edgecombe: Non vorresti parlare con un prete qualcuno con cui dire una piccola preghiera.
John Coffey: Non voglio nessun prete, tu puoi dire una preghiera se vuoi.
Paul Edgecombe: Io? Immagino di si se fosse necessario. John, devo chiederti una cosa molto importante ora.
John Coffey: So cosa mi vuoi chiedere, non c’è bisogno di dirlo.
Paul Edgecombe: No, devo farlo, devo chiedertelo. John, dimmi cosa posso fare per te. vuoi che ti faccia uscire di qui? Eh? Che ti lasci scappare? Vedi fin dove puoi arrivare?
John Coffey: Perché faresti una cosa tanto stupida?
Paul Edgecombe: Quando sarò al cospetto di Dio Padre, il giorno in cui mi giudicherà , e mi chiederà  perché mai io ho ucciso uno dei suoi veri miracoli viventi. Che cosa gli potrò rispondere? Che era il mio mestiere? Il mio mestiere.
John Coffey: Tu devi dire a Dio Padre che hai fatto una gentilezza. Lo so che soffri e ti preoccupi, te lo sento addosso, ma adesso però la devi smettere. Io voglio farla finita una volta per tutte, davvero. Sono stanco, capo. Stanco di andare sempre in giro solo come un passero nella pioggia. Stanco di non poter mai avere un amico con me che mi dica dove andiamo, da dove veniamo e perché. Sono stanco soprattutto del male che gli uomini fanno agli altri uomini. Sono stanco di tutto il dolore che io sento, ascolto nel mondo ogni giorno, ce n’è troppo per me. È come avere pezzi di vetro conficcati in testa sempre continuamente. Lo capisci questo?
Paul Edgecombe: Si John, credo di si.

Paul Edgecombe: A volte e all’improvviso, il passato ti ripiomba addosso che tu lo voglia o no. È sciocco.

Bambini

Purezza inonda
occhi gentili
privati dal male
ascoltano col cuore.

Corrono spediti
con passi stretti 
su terra distrutta
ereditano disgusto.

Desiderano futuro
aborrono presente
dimenticano passato
mutano.

Porgono mani
di speranza colme
ignorate da chi domani
ritornerà  ad essere loro.



Ricordi

Siate maledetti
occhi.
Strappate la grata
protezione del passato
e liberate ricordi.
Loro passano,
come carri armati,
mentre
calpestano
il corpo.

Il passato

Ho provato a cancellare il passato
con uno straccio vecchio,
ma non è venuto via e ha sporcato di più.
Ho provato a nasconderlo in un baule,
ma era troppo ingombrante
ed è saltato fuori,
più in forma di prima.
Ho provato a dimenticarlo,
ma si è rivoltato contro di me,
come un cane infuriato.
Ti ho abbracciato,
passato,
e mi hai sussurrato:
“sono il tuo presente, ti indico il futuro
mentre divento me stesso”

Il funambolo

Tesa e stretta 
via percorsa,
nel corpo
equilibrio cerchi,
nel respiro
rinvieni pace,
immobile
il pensiero.

Sguardo
diretto al futuro
spalle
su ricordi posano,
con passo sicuro
in terra mobile
ti muovi.

Partenza certa
incerto arrivo
oscilli al centro
non fermarti.

Puoi cadere.

Trasloco

A prima vista può sembrare un contenitore inanimato.
Assume dimensioni, forme, colori diversi, ma rimane pur sempre un contenitore.
Quattro pareti, un tetto, una piccola apertura per oltrepassarlo ed ecco servita la prima definizione di casa.
Poi avviene di utilizzare quel contenitore: quotidianamente.
Diventa l’amico – sempre presente – di tutto ciò accade a chi quel contenitore lo vive, lo abita, a volte lo detesta.
Non giudica mai, protegge – quasi sempre – e tiene fuori ciò non vuoi venga mostrato.
E mentre i giorni passano, lo riempi di oggetti – diversi tra loro – alcuni con un grande significato, altri inutili.
La metafora della vita di tutti i giorni.
Lo personalizzi, lo trasformi, lo rendi tuo oppure a tua immagine, diventa una parte di te perché racconta te. 
Ci si può fare un viaggio in una casa, si può scorgere – senza farselo raccontare – chi è stato, chi è, e forse chi sarà  la persona contenuta in quel contenitore.
Ma senza preavviso la scatola diventa troppo stretta oppure il contenuto troppo ingombrante.
Ingombrante fino al punto da non andare più d’accordo con il contenitore: si scontrano, litigano; finché non si deciderà  di sostituirlo con uno più grande, piccolo o semplicemente diverso.
La decisione è ormai presa: qui non si può più restare.
“E’ tutto pronto, devo solo traslocare! “
Il momento in cui tutto cambia: il trasloco.
Pieni di speranze, aspettative, progetti, si usa questo momento per decidere cosa vale la pena far rimanere un ricordo e cosa invece è bene dimenticare.
“Ooh quanti ricordi questo oggetto, non ricordavo di averlo, nella nuova casa avrà  un posto in prima fila!”
“No, tu no, tu è bene finisca la tua vita terrena sul fondo di un cestino, ti porti dietro troppi ricordi negativi: devi essere dimenticato”
E con questo rituale si passa in rassegna ogni singolo oggetto, ricordo, pezzo di vita, prima di venire stipato all’interno di un grosso camion, con il compito – a volte ingrato – di riconsegnare – a noi stessi – ciò abbiamo deciso essere parte di noi.
Si mette nelle mani di alcuni sconosciuti qualsiasi la nostra storia, il nostro passato, i nostri ricordi.
Riponiamo una fiducia quasi incondizionata in queste persone.
Potrebbero distruggere tutto, potremmo ritrovarci con un pugno di mosche in mano se solo lo volessero o se il destino decidesse in tal modo.
Non è questo il caso.
Tutto avrà  una nuova collocazione all’interno del nuovo contenitore, compresa l’importanza data a quel ricordo, a quell’oggetto, a quel frammento di passato.
Perché questo siamo: siamo futuro poggiato su uno strato – quasi solido – di passato.
Perché potremo traslocare infinite volte, ma la nostra storia, le nostre esperienze, il nostro essere ci seguirà  per dirci da quale punto ricominciare, senza dover fare passi indietro e ripercorrere gli stessi medesimi pezzi sbagliati di storia: errori.