Come si riconosce una mamma?

Una mamma si riconosce da come ti guarda, con gli occhi sorridenti, sempre, anche se l’hai offesa un momento prima oppure l’hai scacciata un momento dopo, perché non ti guarda con la vista, ma ti guarda con l’amore che straborda dagli occhi.

Una mamma si riconosce dal profumo che emana, sa di buono, sa di quell’ultimo biscotto preparato prima che lasciassi la sua casa per affrontare l’oceano della tua vita. Sa della certezza nell’amore per te quando una fragranza, incontrata per caso, scrollerà con forza l’armadio dei ricordi di lei e come un’onda ne sarai travolto.

Una mamma si riconosce dal suono della sua voce, quella imparata ad ascoltare prima che ti affacciassi alla vita per diventare uomo. La voce che ti ha rassicurato quando le tenebre oscuravano la vista e non avevi altro per sfuggire alla paura. La voce sempre pronta ad ascoltare ciò che non dici, illudendoti di non farla preoccupare, ma che sa sempre se un mostro, sotto il letto, ti sta tormentando.

Una mamma si riconosce dal sapore dei suoi baci, sempre presenti, sempre pronti a guarire la ferita inferta dalla caduta più rovinosa che la vita possa infliggerti. Il bacio della mamma è unico, non può essere comprato per trenta denari perché non potrebbe tradirti mai.

Una mamma si riconosce dalla carezza che ti regala, perché la carezza di una mamma è ruvida, come la pelle delle sue mani, consumate da una vita passata a usarle per il tuo bene, usate per rimetterti in piedi dopo essere caduto e offerte come rifugio quando tutto intorno a te è mancato. Per questo la carezza di una mamma non si sente sul viso, ma si vive con il cuore.

Così si riconosce una mamma e oggi di tanti anni fa ne è nata una: la mia.

Buon compleanno mamma.

La mancanza

Casa vuota.
L’orologio, alto sulla parete, controlla da bravo cane da guardia lo spazio attorno. 
Il suo ticchettio è l’unica melodia, continua e incessante, capace di tenere alta l’attenzione di chi capita sotto il suo tiro.
È un maestro nel rompere il silenzio.
Silenzio amplificato dalle lancette incapaci di fermarsi, in corsa, sempre.
Il vuoto della stanza riempie ogni centimetro, ogni molecola d’aria, poggiandosi crudelmente sulla pelle.
Si percepisce, forte come un urlo di terrore, la sensazione di assenza.
Dicono chiamarsi mancanza.
È inevitabile.
Nasciamo con l’istinto primordiale di ribellarci all’abbandono.
I piccoli piangono cercando di riconquistare il porto sicuro tra le braccia dei genitori.
Per loro la mancanza di quel calore, di quel profumo equivale a rischiare la vita.
E’ dentro di noi, possiamo far finta non esista o possiamo convincerci di poterla gestire, ma è solo un illusione.
E nonostante questo, quando si ha la fortuna di scontrarsi contro qualcosa di bello, inimmaginabile, insperato, quella illusione può solo farsi da parte.
Lasciare il posto alla consapevolezza: disarmati nei confronti della mancanza.
Mancanza amplificata dal silenzio della stanza.
Mancanza amplificata dal beffardo gioco dei ricordi con l’unico compito di far bruciare la pelle.
Ti ritrovi dritto negli occhi il suono del suo sorriso: accecante.
Ti ritrovi ad ascoltare il bagliore della sua risata: calda.
Ti ritrovi a percepire sulla pelle il profumo del suo essere: unico.
Un insieme di così tante piccole bellezze da creare una meraviglia nel corpo di una donna.
E davanti a tutto questo non si può rimanere indifferenti, non ci si può non comportare come i piccoli privati delle braccia dei genitori.
No, nel momento in cui tutta quella bellezza non è più sotto gli occhi, a portata di mano, troppo lontana da non percepirne più il profumo, non si può non sentirne la mancanza.
Non si può non sentirsi smarriti.
Non si può non voler averla ancora lì davanti per rimanerne abbagliati, sempre, ogni volta di più.
No, non si può.